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Brasilia, sessant’anni fa – La storia della sede

La storia

Brasilia, Setor de Embaixadas Sul (Settore delle Ambasciate Sud): lotto donato al Governo italiano e destinato alla costruzione dell’Ambasciata d’Italia 

 

Alla fine del 1958 il Governo brasiliano dona appezzamenti di terreno di 25.000 metri quadrati ai Paesi amici affinché possano costruire le nuovi sedi delle rispettive ambasciate.

Nel novembre del 1959 l’allora Ministro Consigliere dell’Ambasciata d’Italia a Rio de Janeiro, Carlo Enrico Figlioli, sceglie il lotto n.30 del blocco 807 situato nel Settore delle Ambasciate Sud.

Su questo terreno – uno dei migliori, per via della vista sul lago Paranoá, che all’epoca è poco più di un campo coperto di arbusti – è costruita la prima costruzione simbolica: una piccola casa per il custode.

Ma la storia della vera e propria costruzione della nuova sede dell’Ambasciata d’Italia a Brasilia inizia soltanto alla fine del 1966, quando l’Itamaraty (il Ministero degli Affari Esteri del Brasile) si trasferisce da Rio de Janeiro a Brasilia.

A poco più di quarant’anni dall’inaugurazione l’edificio dell’Ambasciata continua a suscitare l’ammirazione di chi ne percorre gli ambienti alzando lo sguardo verso le braccia aperte dei grandi pilastri ottagonali. Palazzo nobile in stile modernista, sin dalla sua costruzione e grazie alla lungimiranza dei protagonisti di quel tempo l’Ambasciata italiana contribuisce con orgoglio al ricco patrimonio architettonico della capitale del Brasile.

Ogni anno, infatti, centinaia di studenti, futuri architetti e ingegneri delle regioni più lontane del Brasile e del mondo, turisti e abitanti della città varcano i suoi cancelli per ammirare una delle ultime opere del grande maestro dell’ingegneria e dell’architettura Italiane Pier Luigi Nervi, e per vivere l’emozione che la bellezza, segno distintivo dell’Italia, suscita anche in terre lontane della Madre Patria, grazie all’eccelsa combinazione di tradizione, saperi e tecnica.

Concepito e costruito in un clima di grandi aspettative, l’edificio dell’Ambasciata è il risultato di circostanze peculiari che lo rendono unico per significato e storia.

È il luglio del 1969. Il Ministro degli Esteri Pietro Nenni scrive a Pier Luigi Nervi per affidargli l’incarico del progetto della futura Ambasciata italiana a Brasilia. La lettera trasmette tutta l’ammirazione che il Ministro nutre per “l’illustre ingegnere”: «il Governo italiano […] nella considerazione che un suo progetto non potrebbe che dare lustro tanto all’Italia quanto al Brasile, desidererebbe poter affidare a Lei tale progettazione» [1].

Nonostante lo stesso Ministero degli Affari Esteri abbia precedentemente dichiarato opportuno procedere tramite gara d’appalto nazionale, si decide che il progetto sarà affidato a Nervi. La decisione giunge come diretta conseguenza delle richieste del Governo brasiliano, che – spiega il ministro Nenni nella lettera d’incarico – “ci ha espresso il desiderio che il progetto per la costruzione venga affidato ad un nostro architetto di grande fama, la cui creazione possa contribuire all’abbellimento della nuova città e fare di questa il punto d’incontro del pensiero dei maggiori architetti europei».

 

Pier Luigi Nervi

 

Il 9 luglio 1969 Nervi accetta l’incarico. Inizia una delle sue ultime avventure progettuali e costruttive. All’epoca l’ingegnere quasi ottantenne aveva già ottenuto tutti i riconoscimenti che la comunità internazionale poteva attribuire. Le sue installazioni per le Olimpiadi di Roma avevano scatenato tra le varie associazioni internazionali di architetti una vera e propria gara per conferirgli premi e medaglie. I brevetti e l’immenso lavoro di Nervi erano da anni oggetto di esposizioni, motivo di dozzine di lauree honoris causa rilasciate da tutte le università del mondo e argomento per tesi tradotte in diverse lingue.

Esiste, inoltre, un altro aspetto storico importante e poco noto. Era da molto tempo che Nervi accarezzava l’idea di poter progettare un’opera in Brasile: al termine della seconda Guerra Mondiale il suo amico Pietro Maria Bardi si era trasferito a San Paolo; Nervi era andato a trovarlo nel 1950, durante un viaggio in Sud America per la cerimonia di consegna del primo addottoramento honoris causa in Architettura (attribuitogli dall’Università di Buenos Aires), e tra ottobre e novembre aveva tenuto alcune lezioni presso il MASP, il Museo di Arte di São Paulo, che dal 1947 era diretto proprio da Pietro Maria Bardi. In quell’occasione era sorta una fruttuosa collaborazione con la moglie dell’amico connazionale, l’architetta Lina Bo Bardi: nell’archivio di Nervi esistono tracce della supervisione strutturale realizzata dall’ingegnere per il progetto della Casa de Vidro (1951) – la residenza della coppia progettata da Lina e oggi sede dell’Istituto Bo Bardi – e per l’edificio Taba Guaianases (1953) [2].

Ma gli anni ’70 rappresentano un periodo difficile per l’Italia: sono anni agitati da rivolte studentesche, dall’autunno caldo, dalla strategia della tensione, da attentati e dalla crisi petrolifera.

L’autorizzazione ad avviare il progetto esecutivo dell’Ambasciata tarda ad arrivare.

Nel 1972 l’Ambasciata italiana lascia la sede di Rio de Janeiro e si stabilisce temporaneamente in un appartemanto del quartiere residenziale Asa Sul di Brasilia. Nel 1974 iniziano finalmente i lavori.

Superati alcuni ostacoli iniziali, nel 1975 il modellino dell’edificio è esposto alla XIII Biennale di San Paolo. Il 23 ottobre il responsabile della costruzione scrive da Brasilia: «A meno di non cercare difettucci di finitura, l’opera è uno spettacolo! Ricevo elogi tutti i giorni dalle persone più diverse ». Il 29 ottobre il “Correio Braziliense” dedica un articolo molto positivo all’opera e allo Studio Nervi.

 

Tavole del progetto – fonte: Electa

 

Per completare il complesso viene chiamato l’architetto paesaggista brasiliano Ney Dutra Ururahy, che elabora un progetto per giardini riccamente colorati da una selezione di specie vegetali prevalentemente brasiliane e, soprattutto, dalle fioriture: più di cento bouganville e lillà, dozzine di arbusti tibouchina, stelle di natale messicane, azalee, ibisco, orchidee purpuree di Hong Kong e spettacolari flamboyant regalano allo spettatore decine di sfumature di rosso.

Del progetto di decorazione d’interni se ne occupa personalmente lo Studio Nervi.

I marmi (granito verde di Ubatuba, rosa imperiale, blu di Bahia, rosso Jacaranda, grigio Andorinha) e i legnami (parquet e boiserie in Sucupira e Jacarandá-paulista) sono scelti sul mercato brasiliano. Altre finiture sono di origine italiana – come i pezzi d’artigianato sardo – e arrivano nel Planalto centrale con corrieri postali internazionali.

Curiosamente, un aiuto fondamentale a sostenere il costo della decorazione dell’edificio viene dalla peculiare situazione storico-finanziaria dell’epoca: la svalutazione della moneta brasiliana e la crisi della lira rispetto al dollaro consentono l’accumulo di una piccola fortuna, che sarà appunto destinata alla decorazione e utilizzata per commissionare opere d’arte (come la scultura metallica “Nucleo” che adorna la fontana posta sulla copertura del monumentale salone delle feste, opera dell’artista italo-brasiliano Roberto Moriconi).

È il gennaio del 1977 quando gli uffici e i funzionari si trasferiscono nella nuova sede. Il 2 giugno 1977 l’Ambasciata è inaugurata con il primo ricevimento ufficiale.

Ma il cantiere non è ancora concluso. Il tetto ha un problema di infiltrazioni d’acqua che pare non avere fine, e solo il 24 novembre 1978 viene finalmente firmato il rapporto finale che sancisce il completo funzionamento dell’edificio.

Il 28 giugno 1979 l’allora Ambasciatore d’Italia a Brasilia scrive una lettera di congratulazioni allo Studio Nervi. Ma il principale autore dell’opera non potrà mai leggere quella missiva: Pier Luigi Nervi è morto pochi mesi prima, il 9 gennaio dello stesso anno. Pochi mesi dopo anche lo Studio Nervi chiude, lasciando all’Ambasciata italiana a Brasilia l’importante compito di rappresentare una delle sue ultime, grandiose opere e un intero paese.

 

[1] A fonte principal para as informações históricas relativas à edificação da sede diplómatica italiana em Brasília é o livro ” Pierluigi Nervi. L’Ambasciata d’Italia a Brasilia”, Sergio Poretti, Tullia Iori, Ed. ElectaArchitettura, Milão, 2018.

[2] Veja-se Il complesso Guajanazes a San Paolo, arch. Lina Bo Bardi e ing. Pier Luigi Nervi, em «Domus», 282, 1953, pp. 4-7; Multi-storey block “Taba Guaianases” for a radio & television company, São Paulo; Designed by: Lina Bo Bardi & P. L. Nervi, em «Habitat», São Paulo, 14, 1954, pp. 4-10.